L’attenzione a queste regole tutela il contribuente da eventuali sanzioni e contestazioni e rappresenta una forma di tutela economica.
La gestione dei documenti fiscali continua a rappresentare un tema cruciale per contribuenti, imprese e professionisti. La conservazione delle carte relative al Fisco non è solo una questione di ordine amministrativo, ma un obbligo giuridico ben definito che può influire sulla capacità di difendersi in caso di controlli o accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Alla luce delle normative più recenti e delle interpretazioni giurisprudenziali, è fondamentale chiarire per quanto tempo è necessario conservare la documentazione fiscale per evitare spiacevoli sorprese.
Tempi di conservazione dei documenti fiscali: 5 o 10 anni?
Il dubbio più comune riguarda il periodo di tempo durante il quale un contribuente deve tenere archiviati documenti come dichiarazioni dei redditi, fatture e ricevute. Comunemente si ritiene che bastino cinque anni per potersi liberare dei documenti fiscali, in quanto questo è il termine ordinario per l’azione di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Infatti, l’articolo 43 delle disposizioni per gli accertamenti sulle imposte sui redditi e l’articolo 57 del D.P.R. 633/1972 stabiliscono che il Fisco può notificare un avviso di accertamento entro cinque anni dall’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Tuttavia, questa interpretazione non è esaustiva. Un aspetto spesso trascurato riguarda il disallineamento tra la normativa fiscale e quella civilistica. In particolare, l’articolo 2220 del Codice Civile impone l’obbligo di conservare scritture contabili e documenti rilevanti per almeno dieci anni dalla data dell’ultima registrazione.
Ciò significa che, anche se l’azione di accertamento non può essere avviata dopo cinque anni, l’Agenzia delle Entrate può richiedere l’esibizione di documenti fino a dieci anni indietro, purché il controllo sia iniziato entro il termine quinquennale.
Obblighi e rischi per contribuenti e imprese
Nella pratica, questo implica che la documentazione fiscale deve essere conservata per almeno dieci anni, soprattutto per imprese e professionisti titolari di partita IVA, ma anche per i contribuenti privati è consigliabile adottare una politica di conservazione prudenziale.

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La mancata osservanza di questo vincolo può tradursi in gravi conseguenze, poiché senza documentazione probatoria il contribuente si trova in una posizione di svantaggio durante un accertamento o un contenzioso tributario.
Infatti, il principio di presunzione di legittimità dell’accertamento fiscale attribuisce al Fisco la presunzione di correttezza delle proprie contestazioni, e spetta al contribuente dimostrare la fondatezza delle proprie dichiarazioni tramite documenti comprovanti.
Un ulteriore chiarimento arriva dall’articolo 8 dello Statuto del Contribuente, che stabilisce un limite massimo di dieci anni per l’obbligo di conservazione fiscale. Trascorso questo periodo, l’Amministrazione finanziaria non può più pretendere la visione o l’utilizzo dei documenti, evitando così un onere potenzialmente infinito per contribuenti e imprese.
Consigli pratici per una gestione corretta dei documenti fiscali
Alla luce di quanto stabilito dalla normativa vigente e dalla prassi amministrativa, è buona norma per tutti i soggetti coinvolti mantenere ordinati e accessibili i documenti fiscali per almeno dieci anni dalla data di emissione o registrazione. Questo include ricevute, fatture, dichiarazioni dei redditi, estratti conto, registri e ogni altro documento che possa assumere rilevanza fiscale.
Inoltre, è utile ricordare che una corretta conservazione digitale, nel rispetto delle disposizioni tecniche dell’Agenzia delle Entrate, può facilitare la gestione e ridurre notevolmente l’ingombro fisico degli archivi tradizionali, garantendo allo stesso tempo la validità legale dei documenti.

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